Bcc, ritorno al passato per avere un futuro migliore  DAL TERRITORIO

di Matteo Spanò

Presidente Federazione Toscana Bcc

Le Bcc hanno attraversato la pandemia nella fase iniziale di adeguamento alla nuova realtà del Gruppo bancario cooperativo, individuata dalla Legge di Riforma del 2016 e dopo 130 anni di storia caratterizzata dalla loro completa autonomia giuridica e gestionale.

L’obiettivo del legislatore nel 2016 era quello di “mettere in sicurezza” il sistema-BCC tramite la riduzione dei costi per effetto di economie di scala e di scopo; l’ampliamento delle capacità di patrimonializzazione delle singole BCC; la prevenzione delle situazioni di crisi con l’attribuzione alla Capogruppo di ampi poteri di intervento e l’istituzione di un sistema di garanzie incrociate infragruppo.

 

Ad oggi è possibile dire che se l’esercizio dei poteri di intervento preventivi e l’attivazione dello schema di garanzia da parte della Capogruppo rappresentano risultati ormai conseguiti, alcune conseguenze della legge di Riforma non sono state all’epoca sufficientemente valutate. Si fa riferimento in particolare all’attribuzione alle BCC, al pari delle grandi banche, della qualifica di “significant” ex art. 40 del Regolamento BCE 468/2014 con una serie di oneri economici, organizzativi e patrimoniali che limitano la loro capacità di assistere finanziariamente il territorio di elezione per i “pesi” regolamentari, largamente incoerenti rispetto al modello di business e alle loro dimensioni. 

Il Credito Cooperativo italiano ha pertanto deciso di chiedere in sede europea la modifica dell’art. 40 del Regolamento BCE 468, sottraendo le BCC al “significant”, allo scopo di disegnare nuove prospettive per il Gruppo bancario cooperativo. La Capogruppo sarebbe di nuovo libera di preservare le finalità mutualistiche di ogni BCC, attraverso un modello di business coerente, fondato sull’intermediazione tradizionale e sul rapporto personale e diretto con la clientela, nel rispetto delle peculiarità dei singoli territori e senza eccessi regolamentari. Le BCC tornerebbero a svolgere a pieno sul territorio il loro tradizionale ruolo di accompagnamento allo sviluppo delle comunità locali.

Le BCC non possono però permettersi di aspettare inerti questo cambiamento. Devono continuare ad operare per lo sviluppo dei territori, a maggior ragione nel momento in cui il piano nazionale di ripresa e resilienza italiano, il PNRR, con circa 240 mld di euro fino al 2026, intende promuovere la transizione ecologica e digitale, migliorare la formazione dei lavoratori, ampliare il tessuto delle infrastrutture materiali, conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale. Tutti valori e sfide già presenti nell’articolo 2 dei loro Statuti sociali.

Si tratta di una sfida enorme, senza precedenti, che richiede grandi capacità di utilizzo e di attuazione, ma che solo con il coinvolgimento dei territori potrà assicurare i tanto auspicati risultati per il nostro Paese. Servono pertanto banche che riescano a supportare concretamente l’iniziativa privata a fianco di quella pubblica a livello locale, altrimenti la ripresa riguarderà soltanto le grandi imprese e i territori o i settori più attrezzati, ma non si trasferirà in tutte le nostre comunità. È un’occasione che non deve essere sprecata e le BCC sapranno, come sempre, fare la loro parte.